Studi di Roberto Tiso e Azad Vartanian
Dopo
aver parlato con il Dott. Utenberger docente di greco ed ebraico antico abbiamo
ulteriormente avallato gli studi di Angelo Palego in relazione ad arca,
finestra e cime dei monti : Genesi
6:16 Il
termine <TSOHAR> significa: “Apertura”
nella parete nei pressi del tetto (apertura nella parte alta di un
edificio). Genesi
8: 6 Quando
Noè libera il corvo apre la <CHALLON> che indica
una “finestra vera e propria”. Genesi
8:13 Quando
Noè sale nel tetto e vede l’asciutto apre la <MIKSEH>
latino “Operculum” letteralmente “copertura” Quando
Genesi 8: 3 ci dice che “le acque cominciarono a ritirarsi dalla
terra, ritirandosi progressivamente”; per i due verbi ritirare è
usato il verbo ebraico <SHUV>
che alla lettera indica un’inversione totale. Cioè se prima le
acque crescevano, dopo con <SHUV> le acque subiscono una
netta inversione di direzione di marcia, cioè calano o decrescono. Genesi 8: 3 parte seconda dece che “alla fine di 150 giorni le acque mancavano”. “Mancavano” è indicato dal verbo ebraico <CHSAR> che indica il “venir meno”, il cominciare a mancare per far posto alla terra che emerge. Genesi
8: 4 dice “l’arca si posò sui monti di Ararat”. Il
verbo ebraico usato per “posò” è <NUACH>.
Esso vuol dire “porsi, si posò”,
si appoggiò alla lettera “si riposò” o smise
di galleggiare. Genesi
8: 5 dice che “apparvero le cime dei monti”. “Cime”
in ebraico è <ROSHE’>. Secondo
la grammatica ebraica antica il termine “monti” usato in
Genesi 8: 4 dà il soggetto, perciò sta per
“i monti di Ararat”. Quando
al versetto 5 si legge “apparvero le cime dei monti”
è inequivocabilmente riferito al soggetto dell’argomento ovvero “i
monti di Ararat”. Sono senza alcun dubbio le cime di tali monti
che appaiono dopo, sia a Noè che a chiunque altro (Dio compreso). Il
termine <ROSHE’> indica la
cuspide finale
dei monti di Ararat che spuntano dall’acqua. Questo
perché le cime <ROSHE’> è riferito al soggetto di cui
tratta Mosè, cioè l’arenamento dell’arca sui monti di Ararat. Per
cui le cime <ROSHE’> sono indubbiamente le cime dei monti
di Ararat (soggetto della frase) Il
termine “apparvero” riferito alle cime dei monti di
Ararat, è sempre riferito nel ebraico antico del racconto di Mosè al
soggetto dell’argomento che sono Noè e l’arca. L’esempio è in
Genesi 9:14 e 16, il soggetto è Dio il quale fa un patto e deve “ricordarlo”
(Genesi 9:15) ed è a Dio che “appare l’arcobaleno nella nuvola”
per non mandare più il diluvio. Invece
in Genesi 8: 4 il soggetto è l’arca
che “si posò” (riposò) sui monti di Ararat. E’
all’arca che si rivolge Genesi 8: 5 e al suo prezioso contenuto di
preservazione della stirpe umana e genealogica che porterà al Messia,
cioè Noè e la sua famiglia. Si
capisce che il soggetto in questione è Noè anche dal contesto dei
versetti successivi cioè dal 6 al 13 in cui è di continuo è usato il
suo nome (Noè) per sottolineare ogni azione, verbo, ecc. compiuta dal
medesimo Noè. Pertanto dallo studio di Tito si deduce che molto probabilmente quello che vide Noè il 17° giorno del decimo mese (Gen 8: 4) era una collina molto bassa ed estesa. Naturalmente molto più bassa dell’attuale cima, perché scevra completamente di ghiacci. Noè in quel momento non si rese conto di essere sulla cima di una montagna ma credeva di essersi appoggiato sul suolo della terra. Soltanto dopo 73 giorni (Gen 8 :4) si rese conto di essere sopra la cima del grande Ararat, cioè quando vide la cima del piccolo spuntare più in basso e a filo del grande. Perciò
“l’apparire delle cime” è soprattutto un
rendersi conto da parte di Noè di essere stato sopra una cima, o
meglio una cuspide <ROSHE’> quella del
grande Ararat, sino a quel momento cioè fintantochè non vide la <ROSHE’>
del piccolo Ararat. Altro
aspetto da far notare è che i versetti da Genesi 8: 6 a 12 vanno
estrapolati e messi dopo il versetto 17° del capitolo 7°. Questo
principalmente per tre motivi: 1°
I 40 giorni si ripetono tre volte nei versetti 7: 12;
7:17 e appunto 8: 6, pertanto risultano chiaramente essere i
medesimi periodi temporali della grande precipitazione. 2°
Non avrebbe avuto senso per Noè mandare fuori prima un corvo e poi due
volte la colomba per sapere se le acque erano diminuite sulla terra se
aveva davanti a sé le cime dei monti. Altrimenti il
corvo o la colomba da subito gli avrebbero portato un ramoscello di
ulivo. Infatti
è detto che il “corvo volò andando e tornando finchè le acque si
prosciugarono”, cio
significa che l’arca non si era ancora posata in quel momento e la
cima <ROSHE’>del piccolo non era ancora spuntata. 3° Genesi 8: 8 dice che Noè “più tardi mandò una colomba”. “Più tardi” viene dall’ebraico <E> cioè “in seguito” questo può voler dire anche mesi. Pertanto dal terzo mese il 27° giorno quando smise di piovere Noè liberò il corvo. Noi non sappiamo per quanto tempo il corvo andasse e tornasse a Noè. Poi la Bibbia dice “più tardi” questo vale a dire anche dopo qualche mese, Noè mandò la colomba per tre volte di settimana in settimana così arrivando al settimo mese. Infine quando la colomba non torna più si comprende che trovo dove “appoggiare la pianta del suo piede” (Gen 8: 9; 8: 12). Quindi logico ritenere che in quel periodo l’Arca si posò sulla cima <ROSHE’> del grande Ararat. 1)
Anno 600 di Noè inizio del diluvio: 2° mese 17° giorno 2)
Fine diluvio di 40 giorni: 3° mese 27° giorno 3)
Noè apre la finestra e libera il corvo: 4° mese circa 4)
Il corvo esce e rientra “finchè non trova terra”: 4° e 5°
mese 5)
Noè “più tardi” manda fuori la colomba: fine 6° mese 6)
Noè rimanda per due volte ogni 7 giorni la colomba: 7° mese 7)
L’arca si posa sui monti di Ararat: 7° mese il 17° giorno 8)
Corvo e colomba non tornano più: 7 mese 9)
Noè dalla stessa finestra vede le “cime dei monti”: 10°
mese 1° giorno 10)
Noè toglie la copertura vede l’asciutto: Anno 601 di Noè 1°
mese 1° giorno 11)
Noè esce dall’arca: 2° mese 27° giorno
Pertanto come sostiene Palego nei suoi studi le uniche cime da un’angolazione molto stretta di una finestra che Noè poteva vedere erano la cima del Grande e del Piccolo Ararat. Vedi foto e animazioni:
Il ghiacciaio Parrot nel versante nord-ovest dell’Ararat espelle di tanto in tanto delle travi di legno.Le prime travi furono estratte da Navarra nel 1955 e poi nel 1969 dalla spedizione Search composta da Navarra assieme colleghi americani e infine da un nostro collega Cludio Schranz nel dicembre 2002 e nel luglio 2010. Secondo gli studi di Tito De Luca e Roberto Tiso le suddette travi proverrebbero non solo come sostiene Angelo Palego dal plateau a 4800m scivolate dopo l’esplosione della gola di Ahora nel 1840, ma da una possibile e plausibile posizione più alta rispetto allo stesso Parrot. Ossia da un ghiacciaio pianeggiante e leggermente inclinato verso valle, che talora in particolari momenti verrebbero espulse dalla seraccata del Parrot più in basso. .
Testimonianze
correlate all' Heyelani Plateau Ø Alcuni testimoni come Ed Davis e Gregor Schwinghammer sostengono che l’arca si trovasse in una formazione rocciosa a forma di “ferro di cavallo"Ø Sempre Ed Davis dice di un “muro di roccia ad ovest della gola di Ahora” Altri parlano della “destra della gola di Ahora”. Anche il giovane archeologo Hardwick Knight indicò la faccia occidentale della gola di Ahora. Vedi foto Ø
Altre testimonianinze come Ray Lubeck
sostengono che l’arca si trovi attorniata da muri di roccia
frastagliata e terreno, o circondata da piccole rocce, o in una valle
dove ci sono piccole cime. Sostenedo difatti che l’arca si poteva
vedere da un punto più vantaggioso, più in alto. Vedi
foto. Ø La maggior parte dei testimoni come George Hagopian, Jacob Chuchian, David Duchworth, George Greene ecc. sostengono che l’arca si trovi vicino ad un dirupo, su un promontorio, una valle che finisce su un bordo di un dirupo. Vedi foto.
Ecco qui di seguito la sintesi attuale dei nostri studi, frutto di più spedizioni negli ultimi vent’anni ed esaminando quelle compiute da altri gruppi:
Ø “Le varie travi avvistate o recuperate sono sul ghiacciaio Parrot, zona preclusa ai turisti perché militare. Ø Nel 1955 il francese Navarra ne trovò una e la fece esaminare da più laboratori. Ø
Nel 1969 la spedizione Search coadiuvata da americani,
dall’esercito turco e da Navarra rinvenne cinque pezzi di legno in una
grotta del ghiacciaio Parrot, poco più in basso del luogo ove nel 1955
Navarra estrasse la trave. Ø Nel 1990 gli italiani Scrhanz (del nostro gruppo) e Fattalini trovarono una trave sul fondo di un crepaccio del Parrot. Nel toccarla con la piccozza essa si polverizzò in segatura di legno. Ø Nel dicembre del 2002 Scrhanz filmò una trave sull’alto Parrot, che emergeva da un blocco di ghiaccio Ø Nel luglio 2010 Shranz assieme ad una nostra guida ha rinv enuto un pezzo di legno nel seracco ART. Non vedendo pianori glaciali sopra il Parrot mi chiesi cosa poteva trattenere tali travi, dal momento La violenta esplosione del 1840 che aprì in profondità la Gola di Ahora, avrebbe potuto benissimo far cadere l’Arca nella Gola stessa e distruggerla. Ma tutti gli avvistamenti prima citati agli inizi del 1900 ci danno un’Arca ancora intera o quasi intera, e con il tetto esposta però solo in parte verso un precipizio, ma per buona parte coperta e bloccata dal ghiaccio e dalle rocce. C’è da aggiungere che se l’Arca fosse completamente sfasciata comparirebbero centinaia di travi sul Parrot, e non solo una ogni decine di anni. Il fatto poi che esclude per noi la Gola di Ahora come luogo in cui l’Arca è “caduta” sono i numerosi voli in elicottero che nel 1988 fecero Chuck Aaron e Al Jeremy. Voli a bassa quota grazie alla loro bravura e con telecamere accese per riesaminare le zone sorvolate, e che fecero escludere a loro stessi che l’Arca fosse caduta lì. Anche il sondaggio con il geo-radar del Western Plateau in alto e del Plateau orientale sotto la cima da parte di Aaron e del dott. Willis esclusero tali pianori più alti del Parrot come siti dell’Arca. Il fatto poi che tali esplorazioni portarono a concludere che il Western Plateau a 4800 metri è una bocca vulcanica mi fece riflettere che, dato che prima del Diluvio ghiaccio non ce n’era, tale caldera era aperta, pertanto difficilmente l’Arca vi si poteva posare in piano. Inoltre a 4800 metri il ghiaccio non scioglie a causa del vento freddo e fortissimo, gli avvistamenti invece parlano di “ghiaccio sciolto intorno all’Arca”. Sembra doveroso, anche nei confronti del lettore, far conoscere altri aspetti delle difficoltà di questi anni di ricerca.
Interessante notare i particolari del seguente arazzo armeno Nella
parte alta di questo arazzo si nota il Grande Ararat e a sinistra di
questo si intravede il Piccolo Ararat, esattamente come erano visti dalle
persone dalla parte di Erivan (Armenia). In sovrapposizione al Sole
(simbolo di luce divina) e stata riprodotta una trivella a mano la cui
punta indica esattamente la pisizione dell'Arca.
E' come se l'artista avesse voluto dirci.... "scavate in
questo punto, e troverete la prova della esistenza di Dio".
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